«Di Mnemosine è questo sepolcro. Quando ti toccherà di morire
andrai alle case ben costrutte di Ade: c’è alla destra un fonte,
e accanto a essa un bianco cipresso diritto;
là scendendo si raffreddano le anime dei morti.
A questa fonte non andare neppure troppo vicino;
ma di fronte troverai fredda acqua che scorre
dalla palude di Mnemosine, e sopra stanno i custodi,
che ti chiederanno nel loro denso cuore
cosa vai cercando nelle tenebre di Ade rovinoso.
Di’ loro: sono figlio della Greve e di Cielo stellante,
sono riarso di sete e muoio; ma date, subito,
fedda acqua che scorre dalla palude di Mnemosine.
E davvero ti mostreranno benevolenza per volere del re di sotto terra;
e davvero ti lasceranno bere dalla palude di Mnemosine;
e infine farai molta strada, per la sacra via che percorrono
gloriosi anche gli altri iniziati e posseduti da Dioniso.»
Quella che trovate in calce è la traduzione in italiano del contenuto della laminetta di Hipponion conservata gelosamente nel Museo Archeologico della cittadina Vibonese. Oggi il Museo Archeologico di Vibo che porta il nome di un noto archeologo Monteleonese è ubicato nel restaurato Castello Svevo- Normanno. Sul finire degli anni’60 attraverso una visita al ricco Museo apprendo però che era ubicato a Palazzo Gagliardi nel centro della città.
Diviso in ben 4 sezioni : reperti da edifici sacri, da necropoli, da collezioni private e i materiali d’età romana. Al primo piano sono esposti reperti dalle quattro aree sacre della città magnogreca, tra cui:dalla contrada Scrimbia provengono reperti databili tra la fine del VII e la fine del V secolo a.C., con ceramiche corinzie, rodie e attiche, anche di grandi dimensioni, bacili ed elmi in bronzo, statuette votive e oreficerie di notevole qualità in oro, argento e vario, tra cui orecchini, anelli, fibule, spilloni. Sempre dalla stessa area provengono frammenti architettonici, databili intorno al 550 a.C. di un grande tempio dorico ancora non localizzato.
Tra i nuclei antiquari privati spiccano le ceramiche architettoniche, come le terrecotte arcaiche dal santuario di Scrimbia, le antefisse a palmetta e a maschera silenica e le sime dipinte. Tra la ceramica di trovano lekythoi attiche a figure rosse.Il piano inferiore espone reperti provenienti dalle necropoli, databili tra la fine del VII e il IV secolo a.C., tra i quali spicca una laminetta in oro con un’iscrizione in dialetto dorico-ionico che attesta il culto orfico, con consigli per il defunto nell’aldilà. Fu trovata in una tomba di donna databile tra il V e il IV secolo a.C. La laminetta orfica di Hipponion rappresenta una piccola foglia d’oro con alcune iscrizioni religiose per raggiungere l’Ade.
Quando la laminetta venne rinvenuta in questo sepolcro femminile era adagiata sul petto della donna e ripiegata in 4, come si può notare dalla traduzione in calce è un testo completo e descrive così il passaggio di questa fedele nel mondo dei morti. Il testo ipponiate, come quello delle altre lamine rinvenute in altre zone calabre, è da ricondurre alla Religione Orfica che nella Calabria Magnogreca risulta fortemente condizionato dalle dottrine pitagoriche. Il pensiero filosofico di Pitagora, formatosi nella vicina Crotone, aveva messo l’accento tra l’altro sul rapporto tra l’anima, la morte e l’aldilà. Recentemente alcuni studi hanno inoltre evidenziato le influenze ulteriori del culto dionisiaco, documentato soprattutto nell’ambito della religiosità locrese.
Da quanto si nota impressa sulla lamina rinvenuta in modo esemplare e tra le tante cose è proprio la più antica rispetto a tutte le altre rinvenute nelle città magno greche, la defunta dovrà dichiarare di attingere alla fonte della memoria e non dell’oblio dove in genere si dirigono tutti i defunti. La donna solo così lascerà l’Ade, era questo il vero rito di iniziazione orfico!.
Maria Lombardo
Consigliere Commissione cultura Cds
Centro studi e ricerche
Comitati Due Sicilie
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